mercoledì 6 dicembre 2006

Presentazione - ultimo agg. 21.10.2013








Eccomi qua. Mi chiamo Antonio Conti, sono nato a Senigallia nel sempre più lontano 1966.
Ho abitato a Pesaro, a Ivrea e a Ravenna, poi per parecchi anni ad Urbino. Le mie origini sono per lo più rintracciabili tra i fiumi Foglia e Misa, nelle Marche. In particolare la mia famiglia paterna proviene da Acqualagna, dove l'antica casa Conti, ceduta al Comune perché la usasse per finalità sociali e culturali, è oggi divenuta sede del Palazzo del Gusto.
Dal settembre 2007 vivo a Fano con mia moglie Vera e mia figlia Emma.












Mi occupo di araldica con spirito curioso guardandomi attorno ed indagando quando serve.
Mi sono laureato in Giurisprudenza presso l'amata Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" con una tesi in Storia del diritto italiano dal titolo "L'Università di Urbino e l'applicazione delle leggi razziali". Ora sono praticante avvocato :-(
Ho conseguito la qualifica di Assistente museale per la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale, una qualifica che ho messo a frutto per quasi un anno presso l'Antiquarium "Pitinum Mergens" di Acqualagna (PU).

Attualmente collaboro con il Museo del Castello dei conti Oliva di Piandimeleto per la realizzazione della Sala dell'Araldica.
Sto ultimando uno studio sull'araldica dei Montefeltro che dovrebbe essere pubblicato come monografia.

Per i miei interessi araldici e storici (attinenti soprattutto il Ducato di Urbino) sono:
- socio aderente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano;
- membro ordinario della Società Svizzera di Araldica;

- membro del Gruppo Araldica Civica;
- socio del Centro Italiano Studi Vessillologici;
- membro dell'International Association of Amateur Heralds;
- socio della Società di studi storici per il Montefeltro;
- socio della Società pesarese di studi storici;

- socio dell'Accademia Fanestre 



Inoltre ho il piacere di essere Life member of The Society of the Friends of St George's & Descendants of the Knights of the Garter.

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Il mio curriculum.
Si trova qui
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Il mio stemma.
Questo stemma, realizzato ed adottato nei primi anni ’90 del secolo scorso, ha ragioni antiche ed una storia recente.
1) Le ragioni antiche attengono al fondamento, diciamo pure al pretesto, della sua adozione. Correva l’anno 1651 e lo Studio Pubblico della città di Urbino decise che era giunto il momento di incrementare le iscrizioni di studenti forestieri. Tra gli altri provvedimenti adottati decise di concedere ai propri studenti forestieri (non a quelli urbinati…) alcuni di quei privilegi, spesso solo formali, che nella maggior parte delle altre Università della penisola venivano via via erosi o semplicemente abrogati. Così il 18 ottobre 1651 il Collegio dei Dottori dello Studio Pubblico di Urbino approvò le “Pretenzioni delli Signori scolari forestieri”: esenzioni fiscali, privilegio del foro, diritto al porto di armi ed altri privilegi chiaramente poco attinenti allo scopo dello studio e della ricerca. Gli studenti avevano chiesto, ed ottennero, anche di eleggere un loro capo, ed un consigliere che avrebbe dovuto rappresentare i loro bisogni allo Studio. Il Consigliere mantenne tale nome, ma per il capo gli studenti, potendo scegliere tra Priore, Primario ecc., optarono per Principe: il “Principe de’ Signori Studenti”. Con la medesima disposizione del 18 ottobre 1651 vennero stabiliti particolari privilegi e prerogative per il Principe e tra l’altro venne deciso “che debba detto Capo da eleggersi alzar l’arma di sua casa e collocarla nelle scuole”.
L'Università di Urbino avrebbe potuto avere anch’essa il suo piccolo repertorio di stemmi studenteschi, qualcosa di analogo a quanto si può ammirate a Bologna e a Padova. Ma l’Ateneo non ebbe una sede stabile se non due secoli dopo, e comunque la figura del Principe non sembra aver varcato la soglia del XVIII secolo. La carica del Principe, ben distinta da quella “sindacale” del Consigliere, ha certamente avuto eredi istituzionali ed ideali: il Pontefice che sovrintendeva le cerimonie goliardiche tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento e poi il Duca del Maximus Ordo Torricinorum, l'Ordine goliardico sorto nel 1946 dopo il ventennio fascista durante il quale tutte le attività studentesche erano ricondotte al G.U.F.
2) La storia recente. L’antica disposizione sullo stemma del Principe è stata ripresa e mantenuta dalla moderna Goliardia che è interprete e custode della tradizione universitaria urbinate. In questo contesto è stato realizzato il mio stemma. Prendendo a modello un “carattere” tipografico acquistato a Londra al mercato di Portobello nell’estate del 1990, e componendo quel disegno con gli smalti della mia città di residenza (Ravenna), realizzai il mio stemma: partito d’oro e di rosso, a due rami d’alloro posti a corona e racchiudenti un gufo posato, il tutto dall’uno all’altro. Quando nella primavera del 1993 divenni capo supremo della Goliardia dell’Università di Urbino, col titolo di Duca del Maximus Ordo Torricinorum, quello stemma assunse ancora maggiore rilevanza pubblica. Da allora questo stemma mi accompagna, non solo nelle attività goliardiche, ma in molte altre occasioni. E’, a tutti gli effetti, il mio stemma araldico, la mia arma. In alcuni casi la rappresento timbrata dal berretto tradizionale degli studenti universitari italiani (adottato nel 1892). Il colore blu è quello della facoltà di Giurisprudenza e la piuma di struzzo bianca è quella confacente i miei titoli… goliardici.

Una nota in più, sul motto "Libertà vo cercando". Questo motto venne assunto alcuni mesi dopo l'assunzione dello stemma, per via di alcune vicende (non politiche) interne al M.O.T. Esso si rifà al sottotitolo di una rivista antifascista pubblicata da ambienti repubblicani, capitanati da Oronzo Reale, nel difficile anno 1925, per contrastare il progetto del regime di fascistizzare gli atenei. Il titolo e il sottotitolo della rivista erano "Il Goliardo. Libertà vo cercando che è si cara..." e riprendevano i celebri versi di Dante nel 1° Canto del Purgatorio
"Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
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